Coniugare al futuro

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La vita è un ritorno a casa e certi amori che sembrano crepacci diventano ponti per attraversare il vuoto e avvicinarsi al traguardo. Non voltarti indietro a giudicarli. Il torcicollo emotivo è la malattia dei vecchi. E vecchi si può non esserlo a novant’anni oppure diventarlo già a trentasei, se si perde la voglia di coniugare i verbi al futuro. Tutto è sempre giusto e perfetto.

Tratto da Avrò cura di te, di Massimo Gramellini e Chiara Gamberale

Avrò cura di te

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Finalmente l’ho detto. Anzi no, l’hai detto tu. Ho navicelle spaziali pazze e giostre anarchiche, dentro. Ecco perché cerco fuori. Che cosa, non ha mai avuto troppa importanza. L’importante è fuggire. E allora come si fa a trasformare in una strada la confusione spaventata delle nostre orme? Come si fa a trasformare quel fuggire in un andare?

[…]
Ma io ti terrò sempre una mano sul cuore, affinché la paura non ti paralizzi, e una sulla testa, affinché la disperazione non ti abbatta.

Tratto da Avrò cura di te, di Massimo Gramellini e Chiara Gamberale

Libri che leggono pezzi di vita. Risposte da tenersi in tasca per domande disordinate da lasciare un attimo a germogliare.

Ci vorrebbe il mare

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Ci vorrebbe il mare per non ascoltare
tutte le immagini che spostano la polvere
che stava sotto il tappeto.
Ci vorrebbe il mare per riuscire a sentire
quanto male fa.

Ci vorrebbe il mare.
E ci vorrebbe il sostare, accanto
a scambiarsi l’idea che va bene così,
con i difetti, i limiti e tutto il resto.
Che non è come siamo a fare la differenza,
è come facciamo essere
chi ci sta accanto. Chi ci scegliamo
accanto.

Ci vorrebbe ancora quella riva, e quel guardare lontano,
a ricordare che il verbo essere funziona
solo al plurale. E che siamo responsabili della felicità
dell’altro.

L’amore prima di noi

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I miti sono storie che tutti conosciamo, o che ci pare di conoscere, da sempre. Anche se li dimentichiamo, essi restano in noi dimenticati, e basta un nulla a riportarli in superficie.
Sono nell’aria, aleggiano, abitano il mondo. E abitano anche al fondo di noi. È come se qualcuno in un tempo remoto li avesse affondati negli abissi e assicurati a qualche macigno. Da lí continuano a parlarci.
Lévi-Strauss ha scritto che i miti diventano pensiero nell’uomo a sua insaputa.

Tratto da L’amore prima di noi, di Paola Mastrocola

Per dieci minuti

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Semplicemente, tra tutti quei benedetti-maledetti fenomeni che bucano la cortina dell’indifferenza generale e la forzano fino a schiuderla nell’immaginario collettivo, capita che qualcuno ci passi sopra la testa, ci strisci sotto i piedi.
E che non ci raggiunga. Perché stavamo pensando ad altro, perché stavamo bevendo un caffè, perché eravamo nel posto giusto al momento sbagliato, nel posto sbagliato al momento giusto.
Capita.
“Non hai ancora letto il mio ultimo libro?” mi ha chiesto il grande Alberto Arbasino quando ho avuto l’occasione di conoscerlo personalmente. “Beata te!” ha sospirato.

Perché in effetti, il meglio della vita sta in tutte quelle esperienze interessanti che ancora ci aspettano.

Tratto da Per dieci minuti, di Chiara Gamberale

L’amante giapponese

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Irina Bazili iniziò a lavorare a Lark House, alla periferia di Berkeley, nel 2010, a ventitré anni compiuti e con poche illusioni, perché passava da un impiego all’altro, cambiando di continuo città, da quando ne aveva quindici.
Non poteva immaginare che in quella residenza per la terza età avrebbe trovato una nicchia perfetta e che nei tre anni successivi sarebbe tornata a essere felice come durante l’infanzia, quando ancora il destino non le si era scompigliato.

Tratto da L’amante giapponese, di Isabel Allende

Oltre il fondo

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Abbiamo rabbia e vuoto da smaltire.
Polvere e desideri da mischiare.
Abbiamo cerotti da togliere, ferite da lasciar guarire, dolori da ascoltare.
Abbiamo sorrisi: da diluire, da scegliere, strade in cui inciampare.
Possiamo fare da soli, o camminare insieme. Possiamo tenerci le mani o starci accanto.

Possiamo
essere felici.

Oppure no – contare i doni mancati, gli abbracci assenti, gli sguardi interrotti, le colpe contate, dimenticarsi di respirare: possiamo continuare a farci mangiare da ciò che giace oltre il fondo. Indietro. Prima.

Ci sono viaggi da fare con bagagli leggeri, ripetere gli stessi passi per non tornare. Per scegliere la stella da seguire. Sognare un’altra storia possibile.

Proprio come questo

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I’ve been reading books of old, the legends and the myths:
Achilles and his gold, Hercules and his gifts,
Spiderman’s control and Batman with his fists.
And clearly I don’t see myself upon that list.

She said “Where’d you wanna go? How much you wanna risk?
I’m not looking for somebody with some superhuman gifts:
some superhero, some fairytale bliss.
Just something I can turn to,
somebody I can kiss”.

The Chainsmokers & Coldplay, Something just like this

Sguardo

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C’ho un tappo di sughero nuovo di zecca
In fondo alla gola. Vicino al cuore.
Credo si chiami
abitudine.

E’ quella cosa per cui ti costringo
ad ascoltare silenzi.
Ma tu li riempi
imperterrito col tuo secchio di fatti. E io
ringrazio te che pazientemente aspetti
il giorno in cui la smetterò di soffocare
e inizierò a raccontarmi.
Dall’inizio.
Piano.

Leggera.

21 novembre 2011, tra le bozze

Psiche

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amore-psiche

Eros e Psiche celebrarono le nozze, e dalla loro unione nacque una figlia che chiamarono Voluptas, ciò che è come desidera il cuore: una speranza, un auspicio.
Perchè il piacere non è l’istante: è ciò che proietta in avanti il tempo, diventando desiderio.

Tratto da L’amore prima di noi, Paola Mastrocola.
Immagine: Antonio Canova, Amore e Psiche stanti, dettaglio.

Disattenzione

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Disattenzione
di Wislawa Szymborska

Ieri mi sono comportata male nel cosmo.
Ho passato tutto il giorno senza fare
domande,
senza stupirmi di niente.

Ho svolto attività quotidiane,
come se ciò fosse tutto il dovuto.

Inspirazione, espirazione, un passo dopo
l’altro, incombenze,
ma senza un pensiero che andasse più in là
dell’uscire di casa e del tornarmene a casa.

Il mondo avrebbe potuto essere preso per
un mondo folle,
e io l’ho preso solo per uso ordinario.

Nessun come e perché –
e da dove è saltato fuori uno così –
e a che gli servono tanti dettagli in movimento.

Ero come un chiodo piantato troppo in
superficie nel muro
(e qui un paragone che mi è mancato).

Uno dopo l’altro avvenivano cambiamenti
perfino nell’ambito ristretto d’un batter
d’occhio.

Su un tavolo più giovane da una mano d’un
giorno più giovane
il pane di ieri era tagliato diversamente.

Le nuvole erano come non mai e la pioggia
era come non mai,
poiché dopotutto cadeva con gocce diverse.

La terra girava intorno al proprio asse,
ma già in uno spazio lasciato per sempre.

E’ durato 24 ore buone.
1440 minuti di occasioni.
86.400 secondi in visione.

Il savoir-vivre cosmico,
benché taccia sul nostro conto,
tuttavia esige qualcosa da noi:
un po’ di attenzione, qualche frase di Pascal
e una partecipazione stupita a questo gioco
con regole ignote.